Il gong

Momenti di ricerca

Le mani

Appendice
Articolo di D. T. Suzuki,
pubblicato la prima volta su: Gentry

“Il malessere dell’uomo moderno deriva soprattutto dal suo dimenticare l’amorevole, ricco di ispirazione e creativo uso delle mani.”

All’inizio, quando l’inizio non esisteva, ossia, quando ancora non esisteva il tempo, lo Spirito pensò: “Perché non prendere corpo io stesso in qualche forma, invece di rimanere tutto solo nella solitudine del sé assoluto?”. Con questo pensiero, iniziò ad esistere l’intero universo in tutte le sue moltitudini. Lo Spirito non era più se stesso nella sua nuda spiritualità. Aveva una forma ora, ed una forma è infinitamente varia e funziona in un’infinita varietà di modi. L’uomo, in quanto una di queste forme, apparve con la coscienza, e la coscienza arrivò attraverso le mani. La coscienza umana è lo Spirito individualizzato e rispecchia quest’ultimo in se stessi. Le mani sono lo strumento con cui lo Spirito opera e continua a creare. Questo è il modo metafisico di spiegare il mondo e la coscienza.

                  Nel corso dell’evoluzione, l’uomo riuscì a liberare le sue mani dalla terra e ad usarle come strumenti con i quali poteva, di volta in volta modellare le cose in altri strumenti. Acquisendo coscienza, l’uomo separò se stesso dall’esistenza bruta. La transizione significò che l’uomo, da allora in poi, fuse vasellame non soltanto per mangiare e per bere, ma si preoccupò anche di dare una forma ai vasi e alle ciotole affinché fossero belli a vedersi.

         Mani e coscienza continuarono a funzionare insieme. Le mani acquisirono intelligenza e l’uomo ebbe tutti i tipi di utensili per tagliare. Le mani si allungarono, e l’uomo raggiunse soli e lune e toccò i cieli. Le mani aumentarono in sensibilità e l’uomo provò il segreto dell’esistenza.

         Se la tecnologia simbolizza l’aspetto scientifico ed utilitaristico delle mani, la totalità del significato delle mani non si esaurisce in questo. Le mani, oltre a ciò, contengono e comunicano l’essenza dello Spirito. Perché sono solo le mani che creano oggetti artistici. Anche il linguaggio incorpora la funzione di una mano, poiché vive grazie al fatto di essere stato inscritto su un papiro o su una pietra. 

         Le macchine, al contrario, sono funzioni dell’intelletto – non dello Spirito. Esse generalizzano e spersonalizzano.  Nessuna opera d’arte è prodotta dalla macchina. Quando le mani si convertono in macchine, cessano di essere creative in senso reale, perché diventano impersonali. L’intellettualizzare e la creatività non costituiscono una buona squadra. Quando l’artista va oltre il pennello, lo scalpello e il tornio il suo prodotto non riflette più la sua personalità, la sua originalità creativa. L’intelligenza tecnica non costituisce bellezza.

         L’uomo moderno è troppo intellettuale, troppo sofisticato, troppo specializzato, troppo generalizzato. In lui vi è troppo poco dell’uomo originale.  Questo per dire che ha dimenticato come usare creativamente le mani nella sua vita quotidiana. E’ vero, prende la sua penna, scrive i suoi conti, manovra i suoi strumenti meccanici, ma non ha lo stimolo di scoprire in questi atti qualcosa che conduca alla rivelazione del suo sé interiore.

         Vedere è forse il più intellettuale dei nostri atti sensoriali; sentire è il successivo. Ma entrambi sono localizzati e rappresentano soltanto parzialmente la struttura emozionale dell’uomo nel suo insieme. Sebbene il tatto sia concentrato nelle mani, soprattutto nei polpastrelli, è diffuso in tutto il corpo. Toccare simbolizza quindi la totalità della sensazione dell’uomo del suo essere fisicamente. Vi è nel tatto qualcosa di basilare e primitivo; vedere e sentire sono soltanto delle differenziazioni di questo senso. Per essere conscio della realtà di quello che vede e sente, l’uomo deve alla fine toccare l’oggetto e testimoniare della sua solidità ed autenticità. Le mani sono quindi sia passive sia attive, recettive ed aggressive, imprimono ed esprimono impressioni. Spargono fiori e perle; ma si macchiano anche di sangue.

         Qualcosa non completamente rivelato deve emanare dalle mani, perché spesso vengono usate per curare. Le mani di un uomo puro vengono poste sopra il paziente e questi viene guarito. Sono altresì lo strumento per benedire.  Svolgono il compito di legame interpersonale. La mano di Dio che guarisce, che emana amore e che guida, si muove attraverso la nostra mano di uomo. La mano di Dio non è altro che la nostra. Ma noi molto spesso dimentichiamo la verità e sporchiamo le nostre.

         L’occhio osserva e contempla; l’orecchio ascolta e avverte. Ma è la mano che si tende, che tocca e  che afferra.

         Da qualche parte sta scritto: “Va fuori nel buio e metti la tua mano nella mano di Dio. Questo sarà per te meglio della luce e più sicuro di una via conosciuta”.

         Kwannon, di norma considerata come la dea della misericordia, viene rappresentata con migliaia di braccia o di mani e ciascuna di queste reca un emblema simbolico. Le mani sono concepite per la creazione che genera un amore conscio. Il malessere dell’uomo moderno proviene essenzialmente dal suo dimenticare l’amorevole e ricco di ispirazione e creativo uso delle mani.